Il processo al processo telematico

Meno 73. Sono questi i giorni mancanti al prossimo 30 giugno quando, volenti o nolenti saremmo obbligati ad adeguarci ad un nuovo modo di lavorare. La domanda è sempre la stessa, ed è quella che ci accompagna da quando è nato questo blog, ovvero: Siamo pronti?

La risposta questa volta è non lo so e, lo ammetto, persino io, a volte a ho avuto un po’ di paura ad effettuare i consueti depositi telematici.

I motivi? Ve li volevo raccontare da molto tempo ma, la paura di spaventare i colleghi ha sempre preso il sopravvento. Tuttavia in occasione della relazione “il processo al processo telematico” presentata durante il convegno e-privacy tenutosi a Firenze il 4 e 5 aprile scorso ho avuto modo di spiegare le vulnerabilità e di parlare di qualche soluzione. Le slide e la registrazione della relazione li trovate al seguente link: http://e-privacy.winstonsmith.org/interventi.html mentre, se volete andare avanti con la lettura non posso che dirvi buon divertimento.

Immaginate, dunque, di preparare il vostro atto con il vostro fidato programma di videoscrittura e di salvarlo in formato pdf testuale. Immaginate poi di preparare la busta telematica con il vostro redattore atti PCT e di allegare l’atto precedentemente convertito in pdf. Ovviamente controllerete sia prima che dopo aver firmato digitalmente l’atto la corretta visibilità dell’atto e l’atto sarà regolarmente leggibile. A questo punto invierete l’atto al Tribunale di destinazione e riceverete le 3 PEC di accettazione, consegna ed esito dei controlli automatici.

Apparentemente nessun errore. L’atto è giunto a destinazione e i controlli automatici non rilevano alcun errore, possiamo chiudere lo studio e rientrare a casa convinti che, un piccione viaggiatore chiamato PEC, ha regolarmente recapitato il nostro atto.

Cosa può essere successo in fondo? L’atto è firmato digitalmente e nessuno lo può alterare a meno che…

…A meno che in fase di controlli automatici il file firmato digitalmente non venga estratto, verificato e traslato su un nuovo file pdf contente al suo interno una rappresentazione grafica della firma digitale del firmatario, con tanto di coccardina per “rassicurare” i fruitori di quel file, archiviando poi il file originale con estensione .p7m nei sistemi informatici del Tribunale, rendendolo di fatto inaccessibile a chiunque. (http://www.quandoilprocessoetelematico.it/quando-il-processo-e-psicopatico/)

Un attimo però, perché, rileggendo l’articolo sopracitato, sembra che nei controlli automatici avvenga proprio questo e se la procedura non dovesse riuscire, le conseguenze potrebbero essere devastanti.

Tra il 24 e il 28 febbraio, ad esempio, si sono verificati seri problemi in tutta Italia con atti che partivano leggibili ed arrivavano completamente bianchi con la sola coccardina della firma. La cosa strana é che, l’esito dei controlli automatici, in questi casi era sempre positivo. Episodi del genere si sono verificati tra giovedì e venerdì in tutta Italia, personalmente ho avuto segnalazioni da un collega di Bari e uno di Taranto e venerdì mattina, ne ho fatto personalmente io le spese con un deposito su Milano.

In realtà vi confesso che ero perfettamente a conoscenza del problema che si stava verificando ma, reputandomi il San Tommaso della situazione, ho voluto rischiare, partendo dalla consapevolezza che avere in mano la ricevuta di avvenuta consegna mi avrebbe garantito dal punto di vista legale sulla tempestività del deposito.

Sono partiti così due depositi telematici, il primo diretto al Tribunale di Bari, andato regolarmente a buon fine, ed il secondo al Tribunale di Milano.

Paradossalmente, proprio il deposito presso il Tribunale più telematico d’Italia si è rivelato quello dagli esiti più sorprendenti. Infatti, dopo aver ricevuto le prime tre ricevute regolarmente, al posto

della quarta PEC, che dovrebbe indicare l’accettazione del deposito, è giunta in studio la telefonata da parte della cancelleria del Tribunale di Milano che ci comunicava gravi problemi nella visualizzazione del pdf, ovvero documento completamente bianco e, magra consolazione, coccardina perfettamente visibile.

Purtroppo ancora più imbarazzanti sono state le vicende successive poichè, invece di lasciare il deposito in stand by nell’attesa di risolvere il problema, la cancelleria ha rifiutato esponendoci al concreto rischio di far saltare il termine per il deposito.

Certo, come anticipato precedentemente, con la ricevuta di avvenuta consegna in mano potevo dormire sonni tranquilli, potendo godere di una rimessione in termini, ma avendo circa mezz’ora di tempo prima dello scoccare delle ore 14, abbiamo preferito effettuare nuovamente il deposito ricevendo la fatidica RdAc entro le ore 14.

Il deposito successivo è stato poi accettato regolarmente lunedì 3 marzo e gli atti questa volta risultavano regolarmente leggibili. Tutto ciò lascia pensare che, l’aggiornamento dei sistemi del dominio giustizia intervenuto nel pomeriggio di venerdì 28 febbraio possa aver risolto il problema, ma resta un dubbio: Cosa è successo?

Questa domanda non trova ancora una risposta ma, nel frattempo, conviene chiederci dal punto di vista giuridico cosa poteva succedere se, a quel deposito rifiutato, non si fosse susseguito un nuovo deposito entro le 14.

Per capirlo meglio è evidentemente necessario partire da quell’imprescindibile dato normativo dell’art.13 del d.m. 44/2011, il quale dispone che, gli atti del processo in forma di documenti informatici, si intendono ricevuti dal dominio giustizia nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia.

E’ evidente dunque che, il nostro atto dovrà intendersi depositato nei termini e, senza neanche scomodare l’istituto della rimessione in termini previsto dall’art. 153 del codice di procedura civile, sarà lo stesso cancelliere a doversi preoccupare di accettare un nuovo deposito da parte dell’avvocato, cartaceo o telematico, specificando l’inconveniente verificatosi.

Il cancelliere per la verità non dovrebbe neanche aspettare l’impulso dell’avvocato ed evidentemente non potrà permettersi di rifiutare il deposito, cercando di capire meglio le problematiche tecniche, ma soprattutto capire se quel pdf è arrivato veramente vuoto o se è stato successivamente “svuotato” per via di qualche errore nei sistemi informatici della cancelleria.

Certo, tutto sarebbe più semplice se, il file atto.pdf.p7m non fosse custodito come segreto di stato, e fosse messo a disposizione di tutti (avvocati, cancellieri e magistrati) come avevo suggerito tempo fa: (http://www.quandoilprocessoetelematico.it/quando-il-processo-e-psicopatico/)

Purtroppo però, nell’Italia dei balzelli, la paura di perdere introiti facili da diritti di copia sempre più difficili da giustificare, renderà molto complicato liberalizzare il diritto di scaricarsi un file originale per verificarne l’autenticità, anche se ciò, come si è visto, potrebbe minare l’intero funzionamento e credibilità del processo civile telematico.

Un altro curioso caso da segnalare è la sporadica eventualità in cui i controlli automatici non dovessero giungere in tempi consoni, ovvero non giungere mai. Il suddetto caso per la verità è stato vissuto dal sottoscritto in un deposito telematico inviato presso il Tribunale di Monza nella notte tra domenica e lunedì ma sono stati segnalati altri casi in giro per l’italia.

In quest’ultimo caso, avendo il tempo di effettuare un nuovo deposito, ho ridepositato la stessa memoria presso il Tribunale di Monza nella mattinata di lunedì ricevendo nel giro di pochi minuti anche la terza ricevuta.

Tuttavia, come abbiamo preannunciato, nei casi sopra esaminati possiamo stare tranquilli perché, fino a quando c’è una ricevuta di avvenuta consegna giunta entro le ore 14, possiamo dormire sonni tranquilli.

Ma cosa succede invece se questa ricevuta manca…

…Come pensavate che l’articolo fosse finito?

Bhe no perché visto che siamo in ballo ve ne racconto un’altra, ovvero casi in cui il deposito parte ma non arriva o meglio al posto di una “Ricevuta di avvenuta consegna” ci ritroviamo un “Avviso di mancata consegna”.

Di casi del genere per la verità me ne sono stati segnalati 3 o 4 in tutta Italia e tutt’ora, dal punto di vista tecnico non vi sono risposte, come non vi sono risposte circa “Ricevute di avvenuta consegna” giunte quasi 10 minuti dopo la ricevuta di accettazione.

E dal punto di vista giuridico?

E’ abbastanza evidente che, in questi ultimi casi si possa ricorrere al secondo comma dell’art. 153 del codice di procedura civile ovvero, la parte che dimostra di essere incorsa in decadenze per causa ad essa non imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini. Il giudice provvede a norma dell’articolo 294, secondo e terzo comma.

Ne consegue che soluzioni alle possibili falle del PCT esistono e, come avvocati, non dobbiamo scoraggiarci di fronte a rare ipotesi di malfunzionamenti. Tuttavia ritengo che, in attesa dell’imminente obbligatorietà prevista per il 30 giugno, certe carenze dovranno essere prese in esame dalla DGSIA sia in fase di elaborazione delle nuove regole tecniche – che evidentemente dovrebbero attribuire il valore del depositato, non più alla ricevuta di avvenuta consegna, ma a quella di accettazione, prevedendo una espressa possibilità di depositare nuovamente l’atto in caso di avviso di mancata consegna documentando l’effettivo invio del precedente atto inserendo nella busta la ricevuta di accettazione – e sia in fase di richiesta di un numero più elevato di risorse tecniche, tali da garantire la regolarità dei flussi di atti telematici, e perché no consentire l’accessibilità ai file firmati.

Sperando di non avervi spaventato troppo, vi assicuro che nonostante tutto nel processo civile telematico bisogna continuare a crederci!

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