Dopo aver risposto al perché, ritengo sia doveroso spiegare a chi mi legge chi sono e perché ho deciso di occuparmi di processo telematico.
Cercherò di raccontarlo in più di un post, come se stessi raccontando una storia, la storia di un giovane avvocato che, nel suo primo giorno di pratica, al suo battesimo del Tribunale, in una ancora soleggiata giornata dell’ottobre del 2004, si affacciò quasi per caso in una sala convegni del Tribunale di Bari dove si parlava di qualcosa che avrebbe dovuto sconvolgere la vita di ogni avvocato, ovvero il Processo Civile Telematico.
Per un giovane ventitreenne come me, appena uscito dall’università con una tesi sul valore probatorio delle mail, quell’argomento sembrava affascinante e non potetti fare a meno di affacciarmi in quell’aula con quell’aria timida che solo i praticanti da primo giorno di udienza possono avere e, altrettanto timidamente, iniziare ad ascoltare quello che i relatori avevano da dire.
Bari era stata inserita nel progetto pilota dei Tribunali in cui si sarebbe sperimentato quello che oggi è conosciuto con l’acronimo di PCT (Processo Civile Telematico) e, udite udite, di lì a poco il nostro tribunale sarebbe stato tra i più informatizzati d’Italia. Saremmo partiti con il deposito dei decreti ingiuntivi per via telematica, mediante un doppio binario che avrebbe garantito, nei primi mesi di sperimentazione, un passaggio graduale dalla carta al bit, un passaggio che, a detta di molti, si sarebbe concluso con il totale passaggio al telematico anche nella celebrazione delle udienze mediante ipotetici scambi di bozze dei verbali di udienza via E-mail (a quei tempi la PEC era ancora solo un noto negozio di gastronomia a Milano).
L’entusiasmo era ai massimi livelli e, in quegli istanti, non vedevo l’ora di poter diventare anche io avvocato per potermi inserire nel pool degli sperimentatori e sperimentare con i miei futuri colleghi la massima tecnologia applicata alla giustizia.
Non potendolo fare direttamente io e, avendo la fortuna di essere figlio d’arte, inserii nell’elenco di sperimentatori mio padre con la promessa che sarei stato il deus ex machina della situazione, pronto a contribuire alla nascita del tribunale del futuro.
Ci dotammo così della prima firma digitale nella speranza di iniziare ad inviare i primi decreti ingiuntivi telematici d’Italia e così anche noi avremmo potuto rispondere si alla domanda: Siete pronti?
Probabilmente però di pronto c’era ben poco e fu così che, dopo i primi timidi esperimenti, quel progetto pilota fu abbandonato lasciando ad altri Tribunali d’Italia il primato di Tribunali modello.
Pur accantonando momentaneamente il mio sogno nel cassetto decisi di continuare i miei studi di diritto dell’informatica frequentando nel 2005 il master in Diritto della Rete dell’Università degli Studi di Padova.
Dopo il master inizia la mia esperienza milanese, prima sotto forma di stage post master e, dopo essermi abilitato all’esercizio della professione forense nell’ottobre del 2007, iniziando a gestire una seconda sede milanese dello studio legale di famiglia.
Nel 2008 con altri colleghi di master decidemmodi fondare l’associazione Amadir (Alumni Master Diritto della Rete) diffondendo, tramite convegni e articoli sul nostro sito web (www.amadir.it), la cultura del diritto delle nuove tecnologie e di lì a poco fu inevitabile ricongiungermi con il primo amore: Il Processo Civile Telematico.
Tra gli argomenti trattati infatti ritorna in auge quel processo telematico che tanto mi aveva affascinato all’inizio della pratica forense e scopro che, proprio a Milano, dove iniziava a svolgersi gran parte della mia vita professionale il processo telematico stava diventando realtà…
(to be continued)
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